mercoledì 18 giugno 2014

'u Liotru (l'elefante): il simbolo di Catania




L'elefante, piazza Duomo



Un’antica leggenda è riportata circa l’origine dell’elefante di Catania, che dal 1239 è il simbolo ufficiale della città. Questa leggenda racconta che quando Catania fu per la prima volta abitata, tutti gli animali feroci e pericolosi furono messi in fuga da un elefante, al quale i catanesi, in segno di ringraziamento, eressero una statua, da loro chiamata con il nome popolare di liotru, che è una correzione dialettale del nome di Elidoro, un dotto catanese dell’VIII secolo, che fu fatto bruciare vivo nel 778 dal vescovo di Catania san Leone II il Taumaturgo, perché Elidoro, non essendo riuscito a diventare vescovo della città, disturbava le funzioni sacre con varie magie, tra cui quella di far camminare l’elefante di pietra.

Diverse ipotesi sono state fatte dagli studiosi per spiegare l’origine e il significato della statua di pietra, che oggi troneggia in Piazza Duomo, nella sistemazione datale dal Vaccarini nel 1736. Di queste ipotesi due meritano un cenno: la prima è quella dello storico Pietro Carrera da Militello (1571-1647), che nel suo libro Memorie Historiche della città di Catania, lo spiegò come simbolo di una vittoria militare riportata dai catanesi sui libici; ipotesi che ha generato il telone del teatro Bellini di Catania, perché il pittore Sciuti nel 1890, per l’inaugurazione del teatro, vi raffigurò proprio questa immaginaria vittoria dei catanesi sui libici. L’ipotesi più attendibile è però quella espressa dal geografo arabo Idrisi nel XII secolo :secondo Idrisi, l’elefante di Catania è una statua magica, costruito in epoca bizantina, proprio per tenere lontano da Catania le offese dell’Etna; questa sembra la migliore spiegazione che si possa dare sul simpatico pachiderma, cui i catanesi sono legatissimi, tanto da minacciare una sommossa popolare, quando nel 1862 si ventilò la proposta di trasferire u liotru dalla Piazza Duomo alla periferica piazza Palestro.





lunedì 16 giugno 2014

Sua maestà natura l'Etna





Un vulcano di queste proporzioni e costantemente attivo non poteva ispirare gli antichi abitanti di Catania. La cultura greco-romana ha prodotto leggende e miti sulla montagna eruttante fuoco e fiamme. In un vulcano non poteva che esserci il dio Efesto o Vulcano, dio del fuoco e abile fabbro, addomesticatore del demone del fuoco Adranos, da lui donato agli uomini. Ma anche il dio Eolo, dio dei venti, fece visita alla montagna eruttante, imprigionandovi all'interno delle sue caverne, i venti del mondo. Spesso i vulcani o le zone con attività vulcanica furono messi in relazione con il mondo misterioso dell'oltretomba. Il mondo dei morti, Tartaro, per i greci era situato al di sotto proprio dell'Etna. Data la dimensione del vulcano siciliano, tutto quello che fu messo in relazione doveva avere un'altrettanto super misura. Ecco allora che il vulcano si riempie di strani giganti e di fucine scoppiettanti. Il primo, secondo Eschilo, è il gigante Tifone, segregato al suo interno. Poi vi fu ucciso e bruciato il gigante Encelado. Naturalmente non potevano mancare i Ciclopi, giganti propri a tutta l'area catanese, collegati, se vogliamo, anche con l'Odissea: fabbri provetti, tenevano all'interno dell'Etna la loro fucina, intenti a forgiare le saette del dio Zeus. Persino Sant'Agata, protettrice veneratissima di Catania, trova collegamento in una leggenda legata al vulcano. Si narra che, dopo il martirio, all'eruzione del 252 d. C., il popolo catanese prese il velo rosso della Santa, rimasto intatto dal vulcano, e invocò il suo aiuto. Subito l'eruzione ebbe termine. E ancora oggi, nella processione di Sant'Agata, si continua a chiedere la sua protezione contro il fuoco. E se non bastasse, la stessa Elisabetta I d'Inghilterra, in una leggenda inglese, poiché aveva fatto un patto con il diavolo, per chiederne l'aiuto, è segregata dal diavolo stesso all'interno dell'Etna. Tra leggende luciferine, antichi divinità greco-romane, santi e misteriosi giganti, l'Etna è presente nella vita e nella cultura stessa dei catanesi. E che sia così è evidente negli edifici stessi dell'area, dove la presenza del vulcano è resa palese dal materiale lavico usato nella costruzione delle case antiche, rese di un colore grigio scuro, dal fascino realmente unico.










« ... l'Etna nevoso, colonna del cielo / d'acuto gelo perenne nutrice / lo comprime. / Sgorgano da segrete caverne / fonti purissime d'orrido fuoco, / fiumi nel giorno riversano / corrente di livido fumo / e nella notte rotola / con bagliori di sangue / rocce portando alla discesa / profonda del mare, con fragore. »
(Pindaro, Pitica I 470 a. C.)









Eruzione Etna del 1669, Platania



L'Etna essendo un vulcano sempre attivo, ha minacciato e distrutto molte volte, tra terremoti ed eruzioni, la città di Catania. L'eruzione più degna di nota è quella del 1669, è la più grande eruzione laterale avvenuta in epoca storica. Dalla fenditura prodottasi in quei giorni sgorgò una delle più disastrose colate laviche che la storia etnea ricordi; la colata che stravolse il versante sud‐orientale del vulcano distrusse non solo numerosi centri abitati ma gran parte della stessa città di Catania. Una enorme tragedia vissuta dalle genti dell’Etna e che segnò inesorabilmente la vita di decine di migliaia di persone.
A partire dal giorno 8 marzo sino alle ore 06.00 dell’11 marzo 1669 una sequenza impressionante di terremoti interessò l’area compresa tra gli abitati di Nicolosi, Pedara, Trecastagni, Mascalucia e Gravina causando notevolissimi danni alle abitazioni. L’11 marzo accompagnata da sinistri rimbombi si aprì una fenditura profondissima e larga circa 2 metri. che si estendeva da Piano S. Leo (circa 6 km. dall’abitato di Nicolosi) sino alla sommità dell’Etna. Quella stessa mattina nel pianoro sottostante il monte Nocilla (2 km a Nord‐Ovest di Nicolosi) si aprì un’enorme voragine da cui proruppero globi di cenere e blocchi accompagnati da grandi tuoni, fragori, e tremori, durante lo stesso giorno si aprirono altre voragini allineate lungo la medesima direzione dalle quali si cacciava, con urli e stremiti spaventosissimi, un denso fumo nero. Dopo il tramonto, si aprì un’enorme voragine che nella notte cominciò a vomitare un infinito fiume di lava. 



                                                

                                 L'Etna: 'u Mungibeddu 



Valle del bove, zona di riversamento lavico



L'Etna, 'u Mungibeddu (Montebello) o 'a Muntagna (la Montagna) in catanese, è il complesso vulcanico più alto della Placca euroasiatica (3343 m. s.l.m.). Le sue origini risalgono al periodo geologico del Quaternario, iniziato 2,588 di milioni di anni fa, ad oggi in corso. Con le sue svariate eruzioni ha modificato incessantemente il paesaggio, minacciando spesso gli insediamenti umani che si erano stabiliti attorno ad esso. La sua superficie è caratterizzata da una varietà di ambienti che alterna paesaggi urbani, folti boschi con specie botaniche presenti solo in questa zona ed aree completamente desolate ricoperte da roccia vulcanica e soggette ad innevamento alle maggiori quote. 




Parco dell'Etna







Il 21 giugno 2013 la trentasettesima Sessione del comitato UNESCO, riunitasi a  Phnom Penh (Cambogia), ha insignito il Monte Etna del titolo di Patrimonio dell'Umanità















Catania: le origini, l'epoca antica.


Catania era in origine un insediamento sicano. Il popolo sicano viveva in Sicilia già dal 3000 a.C. ed era originario dell'Iberia caucasica, l'odierna Georgia. All'inizo del 1200 a.C. i siculi presero possesso della sede per farla divenire un loro villaggio costringendo i sicani ad occupare solo la parte centro-meridionale dell'isola. Secondo gli storici antichi e moderni, il popolo siculo era un popolo aborigeno autoctono della penisola italica come i Veneti, i Liguri e i Sardi.  




Insediamenti in Sicilia nell'epoca antica




Nel 729 a.C. i coloni greci calcidesi (da Calcide, comune greco) g
uidati dal militare Teocle rifondarono il villaggio come Katane, il cui dominio venne poi tolto nel 476 a.C. da Gerone I di Siracusa che la chiamò Aitna (Etna). Dopo la morte del tiranno siracusano e la sconfitta di Trasibulo (politico e militare ateniese) la città fu riconquistata dai Katanaioi (i siculi) che le rimisero il nome originario. Subì la conquista di Dionisio I di Siracusa. Fu poi conquistata dai Romani nel 263 a. C. 

venerdì 13 giugno 2014

Catania: perché questo nome?




Secondo lo storico greco Plutarco, il nome deriverebbe dal greco 
"katane" ("grattugia"), in riferimento alle asperità del territorio lavico su cui sorge la città. Oppure dal  protolatino "katina" (catino, bacinella), per la conformazione a conca delle colline intorno alla città. Secondo altre interpretazioni il nome ha origine dall'apposizione del prefisso greco "katà-" ("presso")  ad "Aitnè", il nome greco dell'Etna (quindi "nei pressi di" o "appoggiata" all'Etna).


Catania nei pressi del vulcano Etna