domenica 28 settembre 2014
Che bella Catania, Catania di notte, io sento che il cuore mi fatte più forte, nelle strade, nelle piazze e dentro ai cortili, Catania fa la madre e culla i suoi figli, poi l'alba d'argento si mischia col mare, Catania e la gente che si busca il pane, ma quando si ruba e si alzano le mani Catania s'incazza e diventa vulcano. Catania è una pupa, capelli castani le labbra carnose e gli occhi ruffiani e quando la sento lontana quel giorno, con la sua voce d'angelo mi dice torna. Catania umiliata, trattata con i piedi, si trucca e si pettina per i forestieri e quando incontra due fidanzati felici, Catania romantica li benedice. Musica, c'è musica, Catania balla, resto con la bocca aperta a guardarla, che bel seno, che forme, Catania che non dorme.
Musica, che musica, Catania suona, e se nel mezzo qualcuno stona fa una battuta scherzosa,
Catania spiritosa. Che bella catania, catania di notte: chi abborda, chi beve e chi fa cose storte.
Catania poeti, fenomeni e geni, gelosa perché a noi ci tiene. Catania col sole anche d'inverno
Catania figlioccia del padre eterno, si porta a braccetto l'amico Liotro
fa odore di piombo, di zagara e cedro. Musica, c'è musica, Catania canta, tutti col sacco sta passando la Santa, guarda Catania com'è lesta con l'abito della festa,
Musica, che musica, Catania ardita, lo stadio soffre e vince la sua partita,
stanca le bruciano gli occhi si addormenta sugli scogli. Catania della guerra,
Catania bruciata, distrutta e per sette volte rinata, non centrano i soldi non centra la fortuna,
Catania nel mondo ce n'è solo una.
Dialetto Catanese
Che bedda Catania, Catania di notti, iu sentu cà 'u cori m'abbatti chiù fotti, 'nde stradi, n'de chiazzi e intra 'e cuttigghi, Catania fà 'a matri e annaca i sò figghi, poi l'alba d'argentu s'ammisca co' mari, Catania iè 'a genti cà si usca 'u pani, ma quannu s'arrobba iè si isunu 'i manu Catania s'ancazza iè addiventa vulcanu. Catania è 'na pupa, capiddi castani, 'i labbra carnusi e l'occhi ruffiani e quannu mi sapi luntanu 'a du ionnu, cà so vuci d'angilu mi rici tonna. Catania umiliata, trattata ch'è peri, s'attrucca e si pettina pe'i furasteri e quannu cà ancontra du ziti filici, Catania romantica li binirici. Musica, c'è musica, Catania balla, restu cà ucca apetta 'a taliarla, chi bellu pettu, chi formi, Catania cà non dormi. Musica, c'è musica, Catania sona e su 'ndo menzu quaccherunu stona, fà 'na battuta sghizzusa, Catania spiritusa. Che bedda Catania, Catania di notti, cù attracca, cù vivi e cu fà cosi stotti. Catania pueti, finomini e geni, gilusa picchì pì nuatri ci teni. Catania co' suli macari 'ndo 'nmennu, Catania figghiozza do' patri eternu, si potta 'a braccettu l'amicu Liotru, fà oduri ri chiummu, di zagara e citru. Musica, c'è musica, Catania canta, tutti cò saccu sta passannu 'a Santa, guarda Catania ch'è lesta cu l'abitu dà festa. Musica, chi musica, Catania ardita, 'u stadiu soffri e vinci 'a sò pattita. Stanca c'abbruciunu l'occhi, s'appinnica 'nde scogghi. Catania da' guerra, Catania uricata distrutta e pi' setti voti rinata, non c'entrunu 'i soddi, nun c'entra 'a futtuna, Catania 'ndo munnu ci nn'è sulu una.
sabato 27 settembre 2014
Porta Uzeda
La porta Uzeda è l'uscita verso sud dalla piazza del Duomo. E' il collegamento tra il seminario dei chierici con il palazzo arcivescovile e la cattedrale di Sant'Agata. La porta si apre nelle cinquecentesche mura di Carlo V ed è intitolata al viceré spagnolo Giovanni Francesco Paceco, duca di Uzeda (in castigliano Juan Francisco Pacheco, Duque de Uceda). Il suo viceregno durò dal 1687 al 1696. La facciata del monumento costituisce un fondale scenografico che unisce tutti i gioielli che si affacciano sulla piazza Duomo.
Amor di patria
Di notte all'orizzonte
un velo nero copre
il mare e il cielo,
luci rosse e gialle nella città
e il fuoco della pietra scende da Lei...
All'alba di bianco risplende,
sulle dorate spiagge s'infrange la vita
e sotto il sole c'è solo il verde
buia o luminosa
questa è Catania.
un velo nero copre
il mare e il cielo,
luci rosse e gialle nella città
e il fuoco della pietra scende da Lei...
All'alba di bianco risplende,
sulle dorate spiagge s'infrange la vita
e sotto il sole c'è solo il verde
buia o luminosa
questa è Catania.
Simone Fiume
martedì 23 settembre 2014
Il mercato storico: 'A piscaria (la pescheria)
La Pescheria (Piscarìa in lingua siciliana) è l'antico mercato del pesce della città di Catania ed è inserito nel percorso turistico per il contenuto di folklore che si respira passando fra i banchi dei pescivendoli. Solo provando questa esperienza ci si può rendere conto di quanto pittoresco possa essere questo mercato che può trovare confronto solo nel gemello mercato della Vucciria di Palermo.
I banchi si trovano sotto il tunnel delle mura di Carlo V, in Piazza Alonzo di Benedetto ed in Piazza Pardo. Il mercato è sempre affollato ed il vocio dei venditori crea un sottofondo da suk arabo.
Banchi traboccanti di quintali di pesce, di ogni forma, dimensione e colore: maestoso pesce spada , cassette piene di gamberetti, ricci, vongole e telline che si muovono ancora, pescini e pesce azzurro luccicante, polpi che tentano la fuga, enormi carrelli stracolmi di pescioni a bocca aperta, pinne squame. In ogni angolo c'è chi sciacqua e prepara, taglia e affetta, pulisce e sistema. Ognuno sa cosa deve fare, incalzando e inintterrottamente, arrivando con casse e carrelli colmi. Si respira l'odore del mare, dell'appena pescato, del pesce freschissimo.
Fontana dell'Amenano: "acqua a linzolu"
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Fontana dell'Amenano, piazza Duomo |
La fontana è stata costruita in marmo di Carrara dal maestro napoletano Tito Angelini, rappresenta il fiume Amenano come un giovane che tiene una cornucopia dalla quale fuoriesce dell'acqua che si versa in una vasca dal bordo bombato. L'acqua, tracimando da questa vasca, produce un effetto cascata che dà la sensazione di un lenzuolo. Da qui il modo di dire in siciliano "acqua a linzolu" ( acqua a lenzuolo)
L'acqua che cade dalla vasca si riversa nel fiume sottostante, che scorre ad un livello di circa due metri sotto la piazza.
Alle spalle della fontana, una scalinata in pietra lavica conduce alla Pescheria, antico mercato cittadino che, assieme alla Vucciria di Palermo, è fra le maggiori attrazioni folcloristiche delle due città siciliane.
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Particolare della fontana |
lunedì 22 settembre 2014
La Catania vecchia
mercoledì 18 giugno 2014
'u Liotru (l'elefante): il simbolo di Catania
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L'elefante, piazza Duomo |
Un’antica leggenda è riportata circa l’origine dell’elefante di Catania, che dal 1239 è il simbolo ufficiale della città. Questa leggenda racconta che quando Catania fu per la prima volta abitata, tutti gli animali feroci e pericolosi furono messi in fuga da un elefante, al quale i catanesi, in segno di ringraziamento, eressero una statua, da loro chiamata con il nome popolare di liotru, che è una correzione dialettale del nome di Elidoro, un dotto catanese dell’VIII secolo, che fu fatto bruciare vivo nel 778 dal vescovo di Catania san Leone II il Taumaturgo, perché Elidoro, non essendo riuscito a diventare vescovo della città, disturbava le funzioni sacre con varie magie, tra cui quella di far camminare l’elefante di pietra.
Diverse ipotesi sono state fatte dagli studiosi per spiegare l’origine e il significato della statua di pietra, che oggi troneggia in Piazza Duomo, nella sistemazione datale dal Vaccarini nel 1736. Di queste ipotesi due meritano un cenno: la prima è quella dello storico Pietro Carrera da Militello (1571-1647), che nel suo libro Memorie Historiche della città di Catania, lo spiegò come simbolo di una vittoria militare riportata dai catanesi sui libici; ipotesi che ha generato il telone del teatro Bellini di Catania, perché il pittore Sciuti nel 1890, per l’inaugurazione del teatro, vi raffigurò proprio questa immaginaria vittoria dei catanesi sui libici. L’ipotesi più attendibile è però quella espressa dal geografo arabo Idrisi nel XII secolo :secondo Idrisi, l’elefante di Catania è una statua magica, costruito in epoca bizantina, proprio per tenere lontano da Catania le offese dell’Etna; questa sembra la migliore spiegazione che si possa dare sul simpatico pachiderma, cui i catanesi sono legatissimi, tanto da minacciare una sommossa popolare, quando nel 1862 si ventilò la proposta di trasferire u liotru dalla Piazza Duomo alla periferica piazza Palestro.
lunedì 16 giugno 2014
Sua maestà natura l'Etna
Un vulcano di queste proporzioni e costantemente attivo non poteva ispirare gli antichi abitanti di Catania. La cultura greco-romana ha prodotto leggende e miti sulla montagna eruttante fuoco e fiamme. In un vulcano non poteva che esserci il dio Efesto o Vulcano, dio del fuoco e abile fabbro, addomesticatore del demone del fuoco Adranos, da lui donato agli uomini. Ma anche il dio Eolo, dio dei venti, fece visita alla montagna eruttante, imprigionandovi all'interno delle sue caverne, i venti del mondo. Spesso i vulcani o le zone con attività vulcanica furono messi in relazione con il mondo misterioso dell'oltretomba. Il mondo dei morti, Tartaro, per i greci era situato al di sotto proprio dell'Etna. Data la dimensione del vulcano siciliano, tutto quello che fu messo in relazione doveva avere un'altrettanto super misura. Ecco allora che il vulcano si riempie di strani giganti e di fucine scoppiettanti. Il primo, secondo Eschilo, è il gigante Tifone, segregato al suo interno. Poi vi fu ucciso e bruciato il gigante Encelado. Naturalmente non potevano mancare i Ciclopi, giganti propri a tutta l'area catanese, collegati, se vogliamo, anche con l'Odissea: fabbri provetti, tenevano all'interno dell'Etna la loro fucina, intenti a forgiare le saette del dio Zeus. Persino Sant'Agata, protettrice veneratissima di Catania, trova collegamento in una leggenda legata al vulcano. Si narra che, dopo il martirio, all'eruzione del 252 d. C., il popolo catanese prese il velo rosso della Santa, rimasto intatto dal vulcano, e invocò il suo aiuto. Subito l'eruzione ebbe termine. E ancora oggi, nella processione di Sant'Agata, si continua a chiedere la sua protezione contro il fuoco. E se non bastasse, la stessa Elisabetta I d'Inghilterra, in una leggenda inglese, poiché aveva fatto un patto con il diavolo, per chiederne l'aiuto, è segregata dal diavolo stesso all'interno dell'Etna. Tra leggende luciferine, antichi divinità greco-romane, santi e misteriosi giganti, l'Etna è presente nella vita e nella cultura stessa dei catanesi. E che sia così è evidente negli edifici stessi dell'area, dove la presenza del vulcano è resa palese dal materiale lavico usato nella costruzione delle case antiche, rese di un colore grigio scuro, dal fascino realmente unico.
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Eruzione Etna del 1669, Platania |
L'Etna essendo un vulcano sempre attivo, ha minacciato e distrutto molte volte, tra terremoti ed eruzioni, la città di Catania. L'eruzione più degna di nota è quella del 1669, è la più grande eruzione laterale avvenuta in epoca storica. Dalla fenditura prodottasi in quei giorni sgorgò una delle più disastrose colate laviche che la storia etnea ricordi; la colata che stravolse il versante sud‐orientale del vulcano distrusse non solo numerosi centri abitati ma gran parte della stessa città di Catania. Una enorme tragedia vissuta dalle genti dell’Etna e che segnò inesorabilmente la vita di decine di migliaia di persone.
A partire dal giorno 8 marzo sino alle ore 06.00 dell’11 marzo 1669 una sequenza impressionante di terremoti interessò l’area compresa tra gli abitati di Nicolosi, Pedara, Trecastagni, Mascalucia e Gravina causando notevolissimi danni alle abitazioni. L’11 marzo accompagnata da sinistri rimbombi si aprì una fenditura profondissima e larga circa 2 metri. che si estendeva da Piano S. Leo (circa 6 km. dall’abitato di Nicolosi) sino alla sommità dell’Etna. Quella stessa mattina nel pianoro sottostante il monte Nocilla (2 km a Nord‐Ovest di Nicolosi) si aprì un’enorme voragine da cui proruppero globi di cenere e blocchi accompagnati da grandi tuoni, fragori, e tremori, durante lo stesso giorno si aprirono altre voragini allineate lungo la medesima direzione dalle quali si cacciava, con urli e stremiti spaventosissimi, un denso fumo nero. Dopo il tramonto, si aprì un’enorme voragine che nella notte cominciò a vomitare un infinito fiume di lava.
L'Etna: 'u Mungibeddu
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Valle del bove, zona di riversamento lavico |
L'Etna, 'u Mungibeddu (Montebello) o 'a Muntagna (la Montagna) in catanese, è il complesso vulcanico più alto della Placca euroasiatica (3343 m. s.l.m.). Le sue origini risalgono al periodo geologico del Quaternario, iniziato 2,588 di milioni di anni fa, ad oggi in corso. Con le sue svariate eruzioni ha modificato incessantemente il paesaggio, minacciando spesso gli insediamenti umani che si erano stabiliti attorno ad esso. La sua superficie è caratterizzata da una varietà di ambienti che alterna paesaggi urbani, folti boschi con specie botaniche presenti solo in questa zona ed aree completamente desolate ricoperte da roccia vulcanica e soggette ad innevamento alle maggiori quote.
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Parco dell'Etna |
Il 21 giugno 2013 la trentasettesima Sessione del comitato UNESCO, riunitasi a Phnom Penh (Cambogia), ha insignito il Monte Etna del titolo di Patrimonio dell'Umanità
Catania: le origini, l'epoca antica.
Catania era in origine un insediamento sicano. Il popolo sicano viveva in Sicilia già dal 3000 a.C. ed era originario dell'Iberia caucasica, l'odierna Georgia. All'inizo del 1200 a.C. i siculi presero possesso della sede per farla divenire un loro villaggio costringendo i sicani ad occupare solo la parte centro-meridionale dell'isola. Secondo gli storici antichi e moderni, il popolo siculo era un popolo aborigeno autoctono della penisola italica come i Veneti, i Liguri e i Sardi.
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Insediamenti in Sicilia nell'epoca antica |
Nel 729 a.C. i coloni greci calcidesi (da Calcide, comune greco) g
uidati dal militare Teocle rifondarono il villaggio come Katane, il cui dominio venne poi tolto nel 476 a.C. da Gerone I di Siracusa che la chiamò Aitna (Etna). Dopo la morte del tiranno siracusano e la sconfitta di Trasibulo (politico e militare ateniese) la città fu riconquistata dai Katanaioi (i siculi) che le rimisero il nome originario. Subì la conquista di Dionisio I di Siracusa. Fu poi conquistata dai Romani nel 263 a. C.
venerdì 13 giugno 2014
Catania: perché questo nome?
Secondo lo storico greco Plutarco, il nome deriverebbe dal greco
"katane" ("grattugia"), in riferimento alle asperità del territorio lavico su cui sorge la città. Oppure dal protolatino "katina" (catino, bacinella), per la conformazione a conca delle colline intorno alla città. Secondo altre interpretazioni il nome ha origine dall'apposizione del prefisso greco "katà-" ("presso") ad "Aitnè", il nome greco dell'Etna (quindi "nei pressi di" o "appoggiata" all'Etna).
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Catania nei pressi del vulcano Etna |
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